Covid-19: il rebus che passa dalla salute arrivando al lavoro. Ci aspettano le fasi
Comitato tecnico-scientifico Rete La Fenice con Bonaviri- Conference call del 08-04-2020
E’ forte l’aspettativa di un ritorno alla vita che avevamo due mesi fa, a maggior ragione risulta pesante la decisione del governo di prolungare ai primi di maggio la limitazione delle libertà personali e di parte dell’attività economica. Pur potendo registrare confortanti risultati agli italiani è richiesta ancora una dimostrazione di autodisciplina per il pericolo ben conosciuto agli studi epidemiologi di una crescita violenta dei contagi alla ripresa della vita sociale.
All’emergenza sanitaria si lega quella economica ed in particolare assume rilievo come possa essere ripresa la piena attività iniziando a distinguere le scelte nel tempo per grado di esposizione al Covid-19. Il numero delle attività coinvolte nelle misure di isolamento è molto ampio: è stimato in oltre due milioni di imprese private con un’occupazione di 7,3 milioni di addetti e sono rilevanti sotto il profilo sociale i cambiamenti nei comportamenti individuali (non solo di dover indossare guanti e mascherine nei rapporti interpersonali) e collettivi per nuove modalità di lavoro, consumo e rapporti economici.
Per il ripristino delle libertà personali al momento le decisioni appaiono molto vaghe; si è fatto cenno a riaperture regionali in relazione alla diffusione e al numero di ricoveri ospedalieri disponibili. Una soluzione, questa, che non APPARE convincere perché viene sottovalutata la mobilità delle persone tranne che non vengano tracciati gli spostamenti di tutti. Risulta più praticabile la soluzione di aperture per settori produttivi differenziate in relazione al diverso grado di protezione che devono osservare le imprese ed i singoli cittadini.
Su questa ipotesi è tempestivo lo studio dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) che ha classificato le professioni in base a tre indici: la misura della frequenza con cui il lavoratore è esposto alle infezioni e malattie; l’intensità della vicinanza fisica richiesta nello svolgimento delle mansioni; la possibilità di “lavoro da remoto” (ovvero a distanza con lo smart working) per ridurre i rischi di contagio. In relazione alle professioni gli indici sono stati riportati a livello di settore distinguendo tra settori rimasti attivi e settori sospesi dalle misure di contenimento del governo. Lo studio ha voluto anche individuare i settori ove la prossimità fisica è minore e dove maggiore è la possibilità di lavorare da remoto.
Le professioni prese in esame sono ottocento; i settori maggiormente esposti a malattie ed infezioni sono dieci. Le professioni sanitarie sono ovviamente quelle con il maggiore indice di pericolosità, un alto rischio è presente nei servizi alla persona, nei settori dell’istruzione pre-scolastica e degli asili nido che nell’attuale situazione è stato fortunatamente possibile chiudere temporaneamente. Seppure in misura minore, nei servizi risultano esposte anche le professioni del commercio al dettaglio. La manifattura ha un indice di prossimità fra il 30 e l’80%: l’ampia oscillazione è condizionata dalla organizzazione del lavoro e dalla diffusione dei processi di automazione. Molto più bassa è l’esposizione al rischio del settore agricolo e della silvicoltura per la bassa o nulla prossimità fisica.
Vogliamo ricordare che nell’organizzazione del lavoro conseguente alla diffusione del virus la vera novità è stata l’espansione delle esperienze di smart working e telelavoro, di cui da anni la nostra Rete sollecitava lo svolgimento, la migliore conoscenza e circolazione tra i più in un processo di innovazione e di nuove prassi sociali sicure.
Lo studio dell’Inapp ha rilevato che sono tre milioni i lavoratori coinvolti nel lavoro da remoto che interessano i servizi professionali scientifici e tecnici, le finanziarie e le attività assicurative, le attività di organizzazioni extraterritoriali, la pubblica amministrazione: tutti settori che i Dpcm del governo hanno potuto non sospendere. In relazione alla opportunità di fornire una prestazione a distanza (e quindi ridurre il rischio di contagio) sono state limitate o chiuse le attività dei servizi di alloggio e ristorazione e il commercio al dettaglio e all’ingrosso che si è però sviluppato via social.
Si può trarre una prima indicazione. Le attività che potrebbero nei prossimi giorni riprendere sono nei settori produttivi in grado di assicurare una documentata sicurezza sul lavoro; in tal senso può fare da apri pista l’accordo sottoscritto dalle imprese e dai sindacati del settore metalmeccanico, un’intesa che potrebbe giovare alle imprese del settore anche nella nostra provincia frusinate.
Il rebus della ripresa per ora invece riguarda soprattutto il controllo della mobilità dei mezzi di trasporto; l’ipotesi che si potrebbe formulare per una soluzione a breve è che si accentui la prassi di diffusione di veloci test epidemiologici nella popolazione. Tutto questo per salvaguardare la salute pubblica in attesa che arrivi un vaccino idoneo.
Intanto, in attesa di definzione di fasi e decreti, restare a casa responsabilmente è l’indicazione migliore.
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