Covid-19 : il modello matematico è un aiuto contro la pandemia Comitato tecnico scientifico Rete la Fenice con Bonaviri

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La strategia che si usa in tutte le epidemie è quella classica, di sorveglianza attiva. Forse, in questi mesi di battaglia al Covid-19 il contenimento e la stessa sorveglianza non sono state rispettate a dovere sui territori italiani magari perchè non si è stati abituati ad una cultura medica ,epidemiologica, statistica, di tracciabilità, di mappatura e di prevenzione fondamentale invece nell’affrontare pandemie come questa. Questa constatazione ci dice che il SSN è stato incapace di intervenire in modo adeguato e nei tempi giusti per garantire il governo clinico coordinando la gestione dei pazienti lungo l’intero percorso diagnostico-terapeutico? Ancora qualcosa si può fare: almeno attivare l’identificazione dei nuovi casi ed del suo contenimento , una linea che va portata avanti dallo studio dei positivi nel territorio e non, certo, in ospedale. Si pensa che ad oggi esistono 100.000 mila e più casi non diagnosticati con conseguenti ed immediati tamponi che andrebbero immediatamente prelevati all’interno delle cerchie prossime di chi risulta sintomatico. Ricordiamo che l’ incubazione media va da 5/8 giorni a 14.

È d’uopo, dunque, ritornare su alcune considerazioni che avevamo tratteggiato in un precedente articolo, secondo cui le leggi di base che regolano la matematica, la fisica e la chimica ci confermano che tra due corpi avviene sempre un “processo di materia” legato al movimento di atomi e molecole che si attiva o dalle fonti di calore o attraverso il trasporto fluido dell’aria. Non dimentichiamo quanto siano importanti nella trasmissione del contagio le goccioline di Flugge. Questi concetti ben si adicono alle leggi che regolano il contagio virale. Rispetto al coronavirus convalidano anche la cosiddetta teoria della diffusione.

I suggerimenti di mantenere distanza adeguate tra le persone dipende non solo da un dato precostituito, standardizzato e che banalmente si aggira intorno ad un 1 metro in quanto la distanza da mantenere dipenderà anche dalle condizioni pregresse degli ambienti in cui ci si trova immersi. Facciamo un esempio: se in un ospedale ci sono condizionatori d’aria accesi il contagio avviene con maggiore facilità e le distanze che si dovranno mantenere dovranno essere maggiori del metro perché le correnti d’aria che si creano per l’accensione degli stessi aereatori favoriscono la diffusione dei virus a maggiore e più grandi distanze.

Ecco allora che in un ospedale come quello di un capoluogo di provincia come Frosinone -dove ci sono circolazioni d’aria obbligate da condizionatori centralizzati e da finestre in buona parte blindate- bisognerà adottare ben altre misure di precauzioni e contenimento; non basteranno semplicemente mascherine chirurgiche e guanti. Servono necessariamente adeguati dispositivi di protezione personale che salvaguardino tutti gli ospiti degenti e il personale interno. Se poi le finestre di queste strutture ospedaliere oltre che bloccate presentassero delle fughe e perdite d’aria incontrollate si verranno a creare correnti convettive che faciliterebbero la diffusività dello stesso virus e del contagio.

Negli ospedali e nelle strutture sanitarie il cosiddetto ricambio d’aria dovrebbe garantite anche che tutte le nanoparticelle emesse dai malati e soprattutto dai positivi fossero canalizzate in “circuiti speciali” essendo le correnti convettive quelle che diffondo il virus nell’aria a distanze che vanno anche oltre i 5/6 metri . Il famoso metro suggerito, allora, è sufficiente solo in un ambiente di aria statica e ferma che ad oggi è possibile avere solo in ambienti virtuali ( come campane di vetro, respiratori inalveolati presenti nei reparti di rianimazione e d’emergenza e negli ospedali da campo creati appositamente per questa emergenza). Anche le passeggiate e la ginnastica all’aperto non sono consigliate in quanto, sempre il modello matematico, comprova che i virus sono trainati dal pulviscolo atmosferico e quindi le polveri sottili aereodisperse ne aumentano la diffusività. Utile ricordare che l’inquinamento atmosferico è un ulteriore vettore di rischio per tutte le contaminazione virali.

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