Le piazze, la protesta e la politica
Le piazze, la protesta e la politica
Giuseppina Bonaviri
Le proteste del Cile e di Hong Kong, le manifestazioni in Libano ed in Iraq, quelle catalane e boliviane hanno un denominatore comune che è rappresentato dalla lotta alle disuguaglianze dove disparità sociali, aumento del costo della vita, corruzione dei governi la fanno da padrone. Una esplosione sociale massiccia che deve farci riflettere assai oltre le divisioni, le scissione, le fuoriuscite, le spartizioni, gli echi di cambiamento nel nome della discontinuità che attualmente viviamo anche in Italia. C’è una distanza siderale tra la classe politica e i cittadini, oggi. Le persone si sentono tradite, chiedono azioni concrete e giustizia sociale quando la crisi democratica fa arretrare, come sta succedendo, verso gli autoritarismi che ne logorano il basamento: dunque, tutti “figli della crisi finanziaria”. Spontaneo viene chiedersi dove ritrovare la propulsione per riattivare il processo di condivisione democratica.
Ecco allora che le esperienze di partecipazione urbana dal basso potranno verosimilmente agire quella forma di complicità costringendo le istituzioni ad una seria autocritica. Se il dissenso riuscisse ad essere pacificamente organizzato, senza tra l’altro strumentalizzazioni ed atti esibizionistici da parte di chicchessia, potrebbe diventare l’arma giusta per cambiare prassi amministrative ingessate, influenzare le agende pubbliche dei singoli territori e per consolidare forme democratiche e partitiche che avvicinino la gente nuovamente allo istituzioni e allo Stato. Sarebbe una occasione unica quella di incontro tra movimenti e buone pratiche -tra cui la formulazione di costituenti di partiti moderni ed evoluti, oggi in atto – per trasformare le attuali politiche pubbliche costruendo così una seria alternativa alle derive nazionalistiche.
Politica e’ interessarsi a come verranno spesi i soldi pubblici, di come scegliere le priorità da finanziare, della qualità della vita che vogliamo, dell’ambiente, dell’istruzione, dell’alta formazione, della sanità, dei trasporti senza mai sottovalutare il clima sociale che respiriamo. A quale tipo di società ambiamo? I cittadini chiedono una comunità solidale o in cui viga la logica del più forte? Egualitaria e meritocratica o costruita sul nepotismo, sui privilegi di classe e sui favoritismi? La politica comprende anche compiti specifici a partire da come si elegge un rappresentante e da come andranno controllati i suoi comportamenti. Una riflessione in tal senso è doverosa; le risposte potranno essere diversificate a partire dalle decisioni su una migliorativa legge elettorale che ci auguriamo diventi davvero e da subito partecipativa
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