Sulle tracce di uno spazio comune: tra clinica e ricerca

Mettere a punto una proposta che consenta di sviluppare la ricerca orientata ai bisogni clinici e al progresso della scienza: attualmente la regione Lazio può farsene promotrice?
Questa proposta deve orientare spazi innovativi che coinvolgono gli attori interessati, personale medico e paramedico del SSN, ricercatori universitari, amministratori, legiferatori fuori dalla logica delle barriere.
La ricerca clinica è la più vicina alle esigenze del SSN che basa le sue richieste e i suoi interventi su conoscenze scientifiche e non su suggestioni o impressioni e dove le aspettative e le necessità del servizio pubblico non sempre combaciano.

Costruire alleanze per essere più competitivi. L’approccio scelto non può che esser quello del partenariato solidale articolato su spettri di interesse comune che va dal mondo accademico scientifico alla società civile con la creazione di piani specifici di azione e monitoraggio. Il SSN come potenzialità inesplorata e valore aggiunto non solo per la tutela della salute ma per iniziative di eccellenza scientifica.
Fare sistema perché tutti possano trarne vantaggio coordinando e valorizzando le risorse nelle sedi istituzionali ed accademiche.
Con una politica di integrazione viene naturale affrontare aspetti collegati a problematiche trasversali. La rete tra università e istituti di ricerca deve consentire anche la creazione di punte di eccellenza nel SSN.

Finora sono nate iniziative spontanee raramente coordinate e senza particolari sinergie mentre bisognerebbe concentrarsi sempre più verso obiettivi strategici.
Costruire un tavolo di consultazione allargato per scambio di sinergie, informazioni ,ottimizzazione delle risorse. La buona pratica dei saperi diventa così lo strumento operativo per una vera rete della salute, una alleanza scientifica che guarda al futuro, interazione sistematica tra ricerca scientifica, prevenzione, tutela della salute, prassi didattica, clinica.
Protocolli di intesa per dare una cornice organica e mettere le due grandi realtà – Università e SSN – nelle condizioni di instaurare relazioni di sostegno reciproco e di buona pratica. Un laboratorio  nella gestione dei servizi sanitari.
In linea teorica è che la ricerca aumenti le capacità di prevenire e curare  le malattie. In questa dimensione, ricerca di base e clinica, non sono entità separate ma parte di un continuum di strategie  che vede la risoluzione finale del problema salute.

Disciplinare e valorizzare iniziative e professionalità già presenti negli ospedali e sul territorio: in una visione unitaria impostare la vera politica di ricerca e sviluppo del nuovo secolo.
Integrare IRCSS, ASL, realtà universitarie per realizzare masse critiche in termini di conoscenza, tecnica-operativa.
Va sviluppata nelle regioni e all’interno delle ASL la gestione della funzione di ricerca e sviluppo come attività istituzionale propria del SSN e non solo universitaria, per adottare innovazione tecnologica, analizzare l’impatto sui servizi, per la programmazione in qualità di strategia del sistema.
Visione unitaria – comuni obiettivi – costante scambio.
Mobilità degli operatori come economicità delle risorse, sovrapposizioni per evitare duplicazioni di investimenti, sinergie integrate tra centri di ricerca e clinica applicata.

Allo stato attuale il finanziamento dell’attività assistenziale si basa su parametri indipendente dalla attività di ricerca erogato dalle regioni (vedi IRCSS) come il contributo finanziario alla ricerca erogato dal ministero (ricerca corrente e finalizzata) tiene conto solo in maniera molto parziale della attività assistenziale ed il suo ammontare è in gran parte legato alla produzione di articoli scientifici su riviste internazionali. La trasposizione dei risultati della ricerca alla attività assistenziale non è così quasi mai riconosciuta e premiata. L’implementazione di nuovi metodi di cura è considerato come un plus facoltativo lasciato alla iniziativa di pochi e quasi tollerato purché non assorba risorse umane eccessive. Analogamente la trasposizione dell’esperienza di ricerca alla attività assistenziale assume un ruolo marginale e forse secondario alla realizzazione di lavori scritti.
Se si vuole superare questa fase sarà necessario un mutamento profondo delle regole. Avviamo un dibattito serio su nuovi criteri per giudicare la ricerca e per stabilirne i finanziamenti.

Si tratterebbe non di premiare la ricerca clinica più vicina alla cura a scapito della ricerca di base ma di sostenere quelle risorse e strutture che si pongono sin dall’inizio il problema della sua applicazione.
Il lavoro creativo non si può pianificare, non ha un fine prestabilito; è energia e curiosità, concetto complicato per chi ha come obiettivo la salute. Possiamo distinguere creatività ed urgenza che riflette la tensione tra necessità di risolvere problemi urgenti e quella di creare le condizioni ottimali per l’avanzamento delle conoscenze scientifiche. Bisogno e curiosità sono necessari insieme per una reale produttività  anche in ambito sanitario.

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